lunedì 15 dicembre 2014

Gli ultimi miei articoli (in caso vi interessasse)...

Velocemente, vi do' il link agli ultimi due ultimi articoletti che ho scritto per la Co-op di Sierra Vista. Quello che e' successo con il mio ex-capo, che ora si trova a congelarsi ad aprire una nuova co-op fuori Chicago, non ha influenzato per niente il fatto che supporto ed adoro la co-op, e spero di poter continuare a scrivere questi articoli. 
Unico (mio) problema: li scrivo sempre all'ultimo momento, quindi sono un po' scarsini, e si nota… anche le ricette sono un po' così… Vabbe'.

Li trovate sia per l'edizione autunnale che quella invernale a pagina 4.
Winter Newsletter

Buona lettura!
M.

martedì 9 dicembre 2014

MITICO!!

Non dovrei ma lo faccio ugualmente: metto in pausa, nuovamente, il post che stavo scrivendo quando ho scritto il post sugli espatriati, e ora metto in pausa anche il post che i vostri commenti hanno generato - nella mia testa, per il momento - perché diciamocelo, io 40 commenti, senza che la meta' di questi  fossero miei, sul blog non li ho mai ricevuti, a testimonianza che e' un argomento che tocca, in modo diverso ma con una certa intensità, tante persone, e vi ringrazio per aver espresso la vostra opinione.

Ma in attesa di appiopparvi i miei pensieri riguardo l'argomento Expats vs. Italy: yea or nay, devo assolutamente segnalarvi un evento troppo divertente e significativo, per me (dite che devo scrivere sempre "per me", adesso? Facciamo cosi', ogni volta che scrivo un post, immaginatevi che ogni paragrafo inizi con le parole "secondo me", okie dokie?)

Un evento televisivo non da poco e' successo ieri sera al The Colbert Report, la trasmissione di satira politica e sociale che menziono ogni tanto. E' condotta dall'attore/comico Stephen Colbert, che in questa trasmissione fa' la parte del conduttore/commentatore politico (political pundit) di destra/repubblicano (ovviamente in realta e' un democrat liberale/progressivo) e che analizza le notizie del giorno mettendo in rilievo le incongruenze, le idiozie e anche il marcio che c'e' in giro (ma sempre di riflesso perche' il suo carattere ovviamente e' serissimo nel suo disprezzo verso tutto cio' che e' politicamente e socialmente liberale e anche solo leggermente favorevole al progresso) e ieri sera ha avuto un ospite straordinario.

The Colbert Report purtroppo e' alla fine della sua "vita": con David Letterman (altro comico leggendario qui) che sta per lasciare il Late Show with David Letterman su CBS (trasmissione che va in onda da 21 anni), Stephen Colbert e' stato assunto per rimpiazzarlo, quindi questa settimana e' l'ultima settimana del Report (lacrimuccia!) e invece di trasmettere lo show da "casa" (cioè New York City), ha traslocato a Washington, D.C., per l'esattezza alla George Washington University, una delle università politicamente più attive degli US.

E li' ieri, di fronte a un pubblico di circa 1500 spettatori, The Colbert Report ha avuto come ospite il mio presidente, Barack Obama.

Photo Credit: www.eonline.com

Che come prima cosa si e' sostituito a Colbert per condurre la parte dello show chiamata The Word, una sorta di giro di pensieri che parte da una parola (o frase) e finisce, puntellato da altre battute/giochi di parole/modi di dire.  con la parola/frase iniziale, che alla fine e' stravolta, o ridefinita se vogliamo.
Lo spezzone invece di essere chiamato The Word, ieri sera e' stato trasformato, per renderlo più presidenziale, in The Decree (il decreto): e si e' concentrato sulla legge sulla sanità chiamata comunemente Obamacare. Il titolo era To Health in a Handbasket, che gioca sul modo di dire "to hell in a handbasket", che significa andare all'inferno velocemente e con facilita', quindi tradotto molto malamente (si tratta di giochi di parole difficili da rendere in un'altra lingua) The Word, no, The Decree di ieri sera era "Andare in salute velocemente".
Per questo spezzone, Obama ha fatto finta di essere Colbert (anche perche' si chiede, quanto e' difficile fare il tuo lavoro?), usando persino i gesti tipici che lui fa' con la penna, e siccome in teoria era una parte scritta per Colbert, il fatto che la leggesse lui ha creato momenti ridicolissimi… come quando Obama ha detto "As you know I, Stephen Colbert, have never cared for our president… a guy so arrogant, I bet he talks about himself in the third person…" Come sapete a me, Stephen Colbert, non e' mai fregato mai del nostro presidente… un tipo cosi' arrogante che scommetto parla di se stesso nella terza persona…"

Qui potete vederne il video, spero (e se cliccate su cc nel quadratino -closed captions- potete leggere e seguire quello che viene detto, sicuramente più facile per chi l'americano parlato non riesce a seguirlo bene..)

J ed io abbiamo riso come dei matti, assieme al pubblico dei ragazzi universitari in delirio…  le battute erano divertentissime certamente, ma di sicuro e' stato riconfermato che l'autoironia in un politico e' importantissima e anche molto "attraente", soprattutto quando dietro le battute c'e' riassunta tanta verità, ma senza presunzione, senza la boria del "Lei non sa chi sono io", perché inutili e patetici.

Poi c'e' stata l'intervista vera e propria, ed e' stata assolutamente ilare: sono stati toccati argomenti interessanti e importanti, ad esempio le ultime elezioni, in cui e stata votata una maggioranza repubblicana, probabilmente perché molti giovani non hanno votato…la creazione di più di 300 mila posti di lavoro, la crescita economica… e anche la conduttura petrolifera conosciuta come XL Keystone pipeline, che trasporterebbe petrolio canadese attraverso gli Stati Uniti (inclusi numerosi territori appartenenti ai nativi, che vi si oppongono ferocemente) fermandosi in raffinerie in Illinois, Oklahoma e infine in  Texas, e che, pur creando forse un paio di migliaia di posti di lavoro (temporanei), metterebbe a rischio di fuoriuscite di petrolio tutti gli stati coinvolti, distruggendone la natura e gli ecosistemi .
L'intervista e' stata condita dalle battute di Obama e di Colbert e dalla sua ridicola e ostentatissima irriverenza.
E la classica domanda di Colbert alla fine dell'intervista, richiesta dal suo pubblico attraverso i social media, e' stata "Barack Obama: great president, or the greatest president?", usando la sua famosa formula per le domande retoriche, e' stato come fare un occhiolino a chi a questo presidente non ha mai una chance, dal momento in cui e' stato eletto nel 2008.

Ovviamente uno degli scopi di questo intervento presidenziale in una trasmissione comica seguitissima dai giovani (gli spettatori di mezz'età come noi sono la seconda categoria di audience) era galvanizzarli e ricordar loro di partecipare ad Obamacare (i ragazzi son coperti dall'assicurazione dei genitori fino ai 26 anni, poi devono farlo indipendentemente), se non hanno un'assicurazione sanitaria attraverso il loro lavoro.
Ma e' stata una mossa intelligente: si sa che la maggior parte degli elettori republicans sono bianchi e di mezza eta o pensionati, mentre i democrats hanno molti più giovani nel loro elettorato, e la possibilita' di attingere in massa a questo blocco votante e' stato uno dei fattori che ha reso possibile l'elezione di Obama… quindi lui sa benissimo che il modo più facile per toccare i giovani e' di partecipare a programmi che i giovani seguono, e farlo con umiltà, strizzando l'occhio a se stesso, così come aveva fatto a marzo quando aveva partecipato al programma Between Two Ferns condotto da Zach Galifianakis, in seguito al quale il numero di persone iscritte ad Obamacare era incrementato esponenzialmente.

Io, come italiana diventata americana, adoro questi momenti, in cui una persona importante, un politico, si prende in giro… pur avendo un lavoro serio, e' capace di non prendersi troppo sul serio. Almeno in questi momenti.

Qui la prima parte dell'intervista ad Obama, e qui la seconda.

Qui invece trovate l'intero episodio.

venerdì 5 dicembre 2014

Possiamo noi espatriati criticare l'Italia?

Come spesso accade, sto "lavorando" ad un post su un argomento che mi sta a cuore, ma devo a scriverne un altro, diverso, per necessita'.

Necessita' di chiarire e chiarirmi, ma anche di capire, dopo che gli ultimi commenti, sia sul blog che su facebook, mi hanno dato da pensare: e' davvero così che mi "vedete"? E' davvero questa l'immagine che traspare da quanto scrivo sul blog?
Le mie parole risultano davvero così ostili verso l'Italia? Pensate veramente che io sia piena di odio verso il mio/nostro paese?
Perché la realtà e' che non lo sono. Io spero sempre di essere abbastanza oggettiva, e penso di aver spiegato numerose volte, che tutto ciò che scrivo e' quello che penso, e' quello che "vale" per me; ad esempio dovendo scegliere dove vivere e crescere i miei figli, ho scelto di farlo qui perché, per me, ci sono aspetti negativi dell'Italia che mi ricordo che mi peserebbero troppo come madre.
Avete ragione: alcune di queste opinioni sono basate su dati probabilmente non aggiornati (sembrerebbe che oggi, diversamente da quanto era successo a me, sia possibile trovare fasciatoi e seggioloni ovunque, in tutti i negozi e i ristoranti italiani, congratulazioni!) ma da quello che leggo altrove, per molte altre situazioni, sembra che i dati che ho siano ancora validi.

E' vero che manco dall'Italia da tanto, ma in Italia ci ho pure vissuto 27 anni, mica 27 giorni, e volendo guardare, e' stata una permanenza di 6 anni maggiore di quella fatta qui finora, quindi le mie opinioni, che farciscono il blog, sono basate sulla mia esperienza diretta o su quanto ho visto e vissuto durante questi anni… Quando esprimo la mia opinione magari negativa su un aspetto dell'Italia, si basa su anni vissuti li', in Italia,  a Milano (visto che qualcuno mi ha chiesto dove ho vissuto…) e non su 2 settimane o 2 mesi in visita…  Pensavo di avere ancora il "diritto" di avere un'opinione (opinione che voi avete il diritto di non condividere, ovviamente) sul mio paese natio, oppure no? A meno che… aspettate un attimo… ho capito adesso! Non mi deve essere arrivato il promemoria secondo cui, con l'arrivo del passaporto blu, ho perso ogni diritto di esprimere un'opinione critica dell'Italia! Oppure deve essere stata varata una legge secondo cui solo chi e' italiano e vive in Italia può esprimere un'opinione non favorevole sull'Italia… perché comunque alla fine e' di queste che si tratta: mie personalissime opinioni. Sono sempre e solo le mie impressioni, le mie considerazioni sul paese da cui provengo, spesso paragonato al paese che mi ha accolto e dove vivo.

Ho una domanda adesso per voi: se a scrivere questi post sull'Italia che non funziona, invece di essere una che vive in America da 21 anni, fosse stata una donna che vive e lavora a Milano, che magari risiede  ancora nel suo vecchio quartiere, una che va in vacanza d'estate in Vallassina, che ogni tanto fa' qualche giretto nelle regioni vicine… se invece di essere una expat completamente integrata nel paese adottivo, fossi una milanese chiunque …  mi avreste chiesto come mai odio così tanto l'Italia? Vi sareste inalberati di fronte alle mie considerazioni? Avreste considerato questi miei pensieri dettati da una fantomatica "acredine" , o etichettato quello che penso come "strali" mandati "col culo poggiato" nella Pianura Padana, invece che dall'altra parte dell'oceano?

Commento arrivato ieri su questo post


Non c'e' odio, ne' acredine, ne' disprezzo, e ve ne do' la prova: quando ho lasciato l'Italia poco più di 21 anni fa, non sono "scappata" piena di disgusto per il mio paese. Non ero  certamente uno dei "cervelli in fuga" anzi, non ero nemmeno "un'italiana mediocre in fuga". Non fuggivo disperata da un paese che aveva disatteso le mie speranze o sputato su anni di sacrifici e studi miei e della mia famiglia. No, assolutamente no.
Nel 1993 non ho salutato il suolo natio con la rabbia e il dolore di chi lo lascia perché si sente tradito, bensì con la felicita' e il cuore palpitante ed emozionato di chi ha ricevuto un'iniezione di adrenalina; infatti ho lasciato l'Italia per una ragione molto meno prosaica della fuga: l'amore.

Ero felice e assolutamente impreparata, non avevo fatto nessuna ricerca, non avevo cercato nessun altro italiano che potessi darmi qualche dritta, dove poter trovare la Nutella o il Pan di Stelle… mi sono buttata a pesce, fiduciosa ed incosciente, perché ero innamorata. Non perché l'Italia non mi soddisfacesse più, ma perché volevo vivere con questa persona, e vivere dove lui aveva un buon lavoro, molto migliore del mio, era la scelta più intelligente. E se le cose non fossero andate bene, sarei tornata (infatti ho ancora il biglietto di ritorno Los Angeles-Milano, mai usato).

Poi e' successo...

…e' stato quando sono arrivata qui che mi sono accorta delle enormi differenze tra il paese che avevo lasciato e quello che mi stava adottando, cose che nei miei due viaggi precedenti non avevo notato… e' stato quando ho cominciato a vivere qui che mi sono detta wow, mi sa che qui posso essere felice…  non c'e' come affrontare giorno dopo giorno le quotidianità del vivere in un luogo straniero, senza avere il supporto e la sicurezza di ciò che si conosce dalla nascita, per capire piuttosto in fretta se questo cambiamento può funzionare, se si tratta di una combinazione valida e se l'adattamento e persino l'integrazione saranno possibili, e con una certa velocità. Io avevo capito subito che lo stile di vita generale di qui mi calzava proprio.

Dall'Italia non sono fuggita a gambe levate, lacrimante o incazzata. Ne' me ne sono andata perché mi sentivo con le spalle al muro senza scelta: sono venuta qui per cercare di conoscere davvero la persona di cui mi ero innamorata, ed arrivata in California mi sono resa conto che vivere qui sarebbe stato per me, non solo fattibile, ma forse anche la realizzazione di un sogno che non avevo mai preso troppo seriamente prima.

E stato solo quando ho iniziato a vivere qui e ad integrarmi che ho capito che ero stufa. Io, per me. Ero stufa.
E' stato solo vivendo qui che mi sono resa conto di quanto fossi stanca di vivere in Italia.

E' stato solo vivendo qui che ho capito quanto ne avessi le tasche piene degli eccessi di burocrazia inutile, creati ovunque solo per dare un po' di importanza a chi la esercita e far sentire una nullità chi vi e' sottoposto. Un power trip per chi in realta' conta poco o niente.

E' stato solo vivendo qui che ho capito quanto il cercare di fregarsi a vicenda, sempre, tutti, l'uno con l'altro, italiano contro italiano, il fregare leggi e regole come fosse lo sport nazionale, mi desse la nausea… e gia', ma lo fanno tutti... ma anche di questa perenne scusa ne avevo piene le palle.

E' stato solo vivendo qui che mi sono resa conto di quanto mi pesasse la sessualizzazione costante cui siamo sottoposte noi donne in Italia. Noi donne che veniamo risparmiate da questo continuo tormento solo quando diventiamo nonne, ma che altrimenti siamo oggetto di ingiustificate, incessanti e aperte insinuazioni a carattere sessuale, di molestie verbali, di sguardi lascivi o ammiccate significativamente esplicite a scuola, al lavoro, sui tram, per strada… di cosa ti lamenti, pensano alcuni, sono complimenti, vuol dire che sei xyz (figa, attraente, bona, gnocca, usate il termine che preferite), cadendo così nell'errore di Berlusconi e compagnia bella. E no, i complimenti sono un'altra cosa! Noi donne che, come controparte, quando non facciamo parte della categoria "donna bella che vorresti scopare" (a meno che sia tua madre) veniamo degradate ed insultate perché siamo racchie. Vi ricordate come veniva chiamata la figlia di Bill Clinton? Era cominciato in una trasmissione di varietà, io ero ancora in Italia, lei era una ragazzina di 12/13 anni, e in questa trasmissione di cui non ricordo il nome, la facevano rappresentare da un comico maschio e la chiamavano Cessa Clinton. Era una bambina, porcodinci. Cessa, la chiamavano. E tutti ridevano, ridevamo tutti, anche io. Perché la mentalità misoginistica che riduce le donne al loro potenziale di attrazione sessuale permea tutto e tutti, anche i bambini, che diventano vittime e bulli contemporaneamente. Tanto e' vero che in un altro dei commenti al post che avevo menzionato sopra, Silvia B. dice che lei il maschilismo di cui parlo, come ne parlo io, non l'ha mai vissuto  Anzitutto il fatto che tu non sia stata vittima di una situazione di sexual harassment  non vuole dire che non l'abbia vissuta io, e con me, molte altre persone. Potrebbe anche essere vero che tu ne sia stata vittima, senza riconoscerlo.                              

No, Silvia B., lo vivi anche tu questo maschilismo, ma e' talmente parte della tua/nostra cultura, che permea tutto, che non te ne accorgi, non ce ne accorgiamo in genere finche' non viviamo, full immersion, in una realtà diversa. Ci viene insegnato sin da ragazzine che se sei bella, devi accettare queste molestie, che sono insomma un riconoscimento, UN ONORE! Alla fine ci sono anche quelle che ci credono, che un tizio a caso per strada voglia farti un complimento quando ti suggerisce di volerti suonare come la chitarrina d'Arboriana memoria, e alla fine anche chi vorrebbe in realtà tirare una bella pedatona nei coglioni del coglione che la approccia, abbozza per non sembrare stronza. Se non sei bella invece, allora sei cessa, e devi accettare gli insulti e i pomodori in faccia, perché se non sei bella (per un ragazzotto o uomo qualunque), allora non vali un cazzo. Ricordiamoci bene cosa disse Berlusconi in riferimento alle donne che vengono violentate. Io mi sono offesa terribilmente, ma sono sicura, correggetemi se sbaglio, che molti italiani la pensano esattamente come il Berlusca. Non tutti, ma tanti. Sotto sotto, forse la maggioranza (nessuno che legge questo blog, penso…) Ne parlo con cognizione di causa perché sono stata dalla parte ricevente di entrambe, (ad onor del vero, mi hanno chiamata cessa più spesso che gnocca, quello va da se'…) e pensavo anche io che anche un'attenzione non voluta e' pur sempre attenzione (ma allora piaccio anche io!), e dall'altra parte, ho sempre fatto tanta fatica a separare gli insulti di persone che non mi conoscevano e mi valutavano solo per attributi fisici comunque soggettivi, da ciò che era importante per la crescita della mia autostima, dal mio valore come persona, e considerarli solo delle "stronzate insignificanti". Pensateci ogni volta  che vi viene voglia di chiamare "racchia" o "cessa" una ragazza.

E' stato solo vivendo qui che mi sono resa conto quanto mi piacessero le piccolezze quotidiane fatte del saluto e del chiacchierio inutile della cassiera al supermercato, dell'impiegato all'ufficio postale, della tipa allo sportello di banca… certo, e' vero che alla cassiera molto probabilmente non gliene freghi una mazza di come sto, ne' intenda davvero col cuore che io abbia un'ottima giornata, ma e' sempre meglio  per me, di un grugnito o un mezzo-sorriso triste. E l'impressione che si ha spesso entrando in negozi privati e uffici pubblici italiani e' che il commesso o l'impiegato e' li per farti un piacere, non per esserti di servizio. Mi direte che non sono queste le cose importanti, ma io vi dico che per me lo sono. Proprio come nel caso del mio vicino razzista: quando una persona sceglie di esporsi per quello che e' veramente (un razzista oppure una col muso che non ha minimamente voglia di aiutarti), ci sono conseguenze. E secondo me, quando lavori con clienti, non e' essere ipocrita scegliere di non far pesare a tutti il fatto che anche oggi stai passando una giornata di merda, e' fare il tuo lavoro! Have a great day!

E' stato solo quando ho iniziato a vivere qui che ho capito che forse, nel subconscio, l'idea di scappare l'avevo avuta davvero.

Per molte persone ogni volto che menziono un articolo che mette in evidenza un lato dell'Italia ridicola, oppure di cui ci si vergogna, esprimo il mio "odio" non solo verso il paese ma anche verso gli italiani, perché non riconosco i milioni di individui che non sono corrotti, non sono maschilisti, non menziono quelli che pagano le tasse, quelli che non hanno mai votato Berlusconi oppure quelli che non sopportano Schettino. E così facendo non considero quanto siano eccezionali l'Italia e gli italiani, non li rispetto. Alcuni mi chiedono del perché di tanta "acredine" o "disprezzo" verso l'Italia.

Avete ragione in una cosa, quando parlo dei problemi che affliggono l'Italia, il mio tono e' spesso negativo ma con esso non esprimo ne' odio, ne' acredine ne' disprezzo. Più che altro esprimo frustrazione e rammarico perché in 20 anni a me sembra che sia cambiato poco. Esprimo il mio disappunto e la mia tristezza perché sembra che non esistano soluzioni a questi problemi. E comunque vivendo qui, mi occupo e preoccupo dei problemi di qui. Non sto mica a fare la portinaia expat, sempre pronta a controllare cosa succede nel bel paese: se leggo un articolo che mi fa' scuotere la testa, che mi fa' pensare e ricordare, paragonare.. allora ne parlo. Forse non dovrei?

Perché fateci caso: ogni volta che io (ma vale per qualsiasi altro expat) menziono un problema dell'Italia, o qualcosa che per me lo e', solitamente succedono due cose:

  • chi mi legge e' d'accordo, e bon, finisce li'.
  • chi mi legge non e' d'accordo, e a questo punto le possibilità sono 3:  a) me lo dice e mi spiega razionalmente perché, e quando succede, ne sono felice perché si apre un bel dialogo, e imparo sempre qualcosa di nuovo;  b) per riportare l'equilibrio nella sua galassia, mi nomina 5 cose positive dell'Italia, e qui, anche se fa' sempre piacere essere rammentati di quanto sia bella l'Italia, che gli italiani sono calorosi, e come si mangia in Italia non si mangia da nessun'altra parte,  siccome non c'entrano una cippa con quello di cui si sta parlando, questi tentativi solidificano la mia opinione; c) sempre per riportare il famigerato equilibrio sith/jedi nella galassia, mi ricorda dei tanti, tantissimi problemi che tormentano gli Stati Uniti, dimostrando la stessa maturità della persona che, a chi gli sussurra "Hai una caccola che ti spenzola dal naso", risponde "E tu hai la patta aperta!". 
Capisco che non c'e' niente che ci faccia stare meglio che puntare l'indice verso i problemi degli altri. E' catartico, purificante, vero?: noi abbiamo Berlusconi e la mafia, ma voi avete la pena di morte e le armi, na-na-na-na-na-na! Menziono l'altro giorno su facebook una statistica, stilata da un'organizzazione internazionale, secondo cui l'Italia e' al primo posto in Europa come il paese, a livello di percezione, più corrotto, e mi hanno detto ue', io ci vivo vicino ad una base americana, e questi statunitensi ne combinano di cotte e di crude! Perché comunque niente identifica un intero popolo come prendere ad esempio un gruppo di ragazzotti, con gli ormoni a palla,  tra i 18-22 anni e all'estero! Vabbe', polemica a parte, cerchiamo di essere realistici: se fossi vissuta, chesso', in Germania invece che negli US, il commento sarebbe stato diversamente uguale, tipo "Guarda che io sono stato a Monaco 2 anni fa, e poi li vediamo tutti i tedeschi che vengono in Italia in estate, quando bevono sono XYZ…", insomma, avete capito di cosa parlo…

E' un sentimento comune, mi sembra, quello di "proteggere" qualcosa (o qualcuno) che si ama, la propria patria o i propri figli, ad esempio, da chi e' straniero o estraneo… Succede anche qui, credetemi.
Capisco l'indignazione quando uno "straniero" evidenzia i problemi di un altro paese, e' il concetto di lavare i panni in famiglia. Se lo dico io, va bene, Se lo dice qualcun altro, specialmente un estraneo, allora no. Siamo tutti un po' suscettibili, gotcha, e' un comportamento che capisco bene, lo chiamerei "sindrome della critica dello straniero", e ne soffro anche io.
Vi faccio un esempio: la mia "vecchia" dentista aveva vissuto in Italia, a Napoli, per alcuni anni. Mi sembra 5. Era dentista in una base americana. Me lo ha raccontato una volta, mentre mi trapanava un dente. Mentre ho la bocca spalancata e lei che ravana dentro, mi dice, in inglese "I lived in Naples" "ACA-A" rispondo io, cercando di dire OK senza muovere lingua o labbra.
Poi, con una pronuncia italiana perfetta mi dice: "Napoli. Che schifo." A cosa si riferisse specificamente, non so, ma  mi sono sentita subito offesa. Non potendo controbattere, ho gorgogliato qualcosa, e mi ricordo che, non appena ho potuto parlare, ho detto che Napoli e' una bella città con tanti problemi storici, tra cui magari un'amministrazione corrotta.. bla bla bla….le ho fatto la lista di 5 cose positive di Napoli (proprio come ho scritto sopra)
Perché mi sono infastidita? Sono stata a Napoli un paio di volte, e non dico che faccia schifo, ma certamente nessun italiano o napoletano può negare che abbia dei problemi. Enormi. Enormi quanto la sua bellezza, o il suo potenziale di bellezza… E ad una persona abituata a come funzionano le cose in America, capisco che Napoli non abbia fatto un'ottima impressione, mentre invece le e' piaciuto tantissimo il Tirolo. Impressioni, opinioni… poi ci sono i fatti.

Ma anche i fatti, se mettono in cattiva luce una città o un paese, solo chi vi appartiene può usarli.

In altre parole, dopo tutto questo sproloquio, tutti i vari commenti di chi si sente offeso, ho capito che una volta che varchi il confine ed esci dall'Italia, perdi il diritto di esprimere la tua opinione su di essa, solo pero se ha una connotazione non positiva..

Quindi, rispondendo alla domanda del titolo di questo posto, la risposta e' un bel risonante NO.
Cerchero' di ricordarmelo.








giovedì 27 novembre 2014

Grazie

Thanksgiving 2014: questa e' la foto che lo rappresenta.




In risposta al mio commento che sottolineava la solitudine di quest'opera d'arte ("Dov'e' il vostro di indiano, ragazzi?"), i grandi mi hanno detto che solo perché non me lo dicono o scrivono o disegnano, non vuol dire che non sia vero anche per loro. 
Allora grazie.
E' bello vederlo per iscritto, sentirsi amati così pubblicamente e' una bella gratificazione… che alla fine e' proprio il significato di questa festa. O forse il suo opposto, bo'…

Tuttavia, ci pensavo ieri, sono convinta che anche senza figli sarei stata felice. Seriamente. Rabbrividisco sempre un po' di fronte a chi dichiara che la propria ragione di vita sono i figli. No, no no! Ci sono, li adoro, ma prima di tutto ci sono io, che magari sto sullo sfondo, perché coi figli le priorità sono diverse. Pero' ci sono e la mia esistenza e' la mia ragione di vita. I figli sono il condimento che rende un buon piatto, anche uno mediocre, delizioso, ma un condimento da solo non e' appetitoso per niente. 

Solo una mia riflessione di fronte a chi mette al mondo figli per ricevere le gratificazioni, le soddisfazioni, le felicita' che gli mancano nella vita. 
Ne conosco diversi, e mi verrebbe voglia di prenderli a sberle… che errore. E che orrore.

Cosa volevo dire? Mi sono persa… 
Ok, quale migliore occasione del Thanksgiving, il Ringraziamento, per dirvi grazie? Grazie, amici del blog, perché ci siete, e quando mi sento sola, so che in realtà non lo sono. So che posso allungare la mano e virtualmente toccare le vostre. Un bel high five ci starebbe proprio bene, vero?

Grazie.


lunedì 24 novembre 2014

Have my fucking back, friend!

Ho lasciato il mio lavoro a meta' settembre.
E' andata così: da quando e' iniziata la scuola ad agosto, invece di avere più voglia e tempo di lavorare (visto che con Violet in Kindergarten sono sola quasi ogni mattina, immersa nel silenzio e nella pace), come pensavo avvenisse, e' successo l'esatto contrario. Infatti ho iniziato a scalpitare e a pensare di licenziarmi, di stare a casa per non fare una mazza, dedicarmi a leggere, scrivere e in generale svolgere attività che mi interessano e che avevo messo da parte negli ultimi 5/6 anni. Ma quando ne avevo parlato con J e con diversi amici, e tutti mi avevano consigliato di aspettare, perché Chris, il general manager, stava per andarsene comunque, e ci sarebbe stata un nuovo GM, "aspetta e vedi cosa succede" mi han detto tutti, e così ho fatto, continuando ad lavoricchiare ma con poco entusiasmo, anche perché lui, the boss, mi aveva promesso un aumento mesi prima, cosa che non era mai arrivata.  Vabbe'. Verso la fine di agosto, comincia a lavorare con noi, come free-lance, una tipa inglese che era stata il Project Manager della Co-op, quando la Co-op era ancora un sogno su carta… ovviamente e' una con tanta esperienza in marketing e pr, così inizia a "prendersi cura" di un paio di progetti di cui in teoria avrei dovuto occuparmi io, ma su cui, un po' perché ho sempre il limite della famiglia (voglio essere a casa coi miei figli il più possibile, quando loro sono a casa) un po' perché come ho scritto sopra, la voglia mi saltava addosso, non avevo ancora iniziato a lavorare. Tutto ok, ho assorbito questa aggiunta positivamente… finche' una mattina ricevo un suo email, del mio capo, in cui mi scrive che ha deciso di assumere A., la britannicona, e siccome non sapeva bene quale titolo darle, le trasferiva il mio, Marketing Coordinator, tanto, sue parole "what's in a title?" e io avrei potuto essere Event Coordinator. Concludeva l'email così: "You're not pissed, are you?" cioè non sei incazzata, vero?
Immaginatevi la mia reazione. Ovviamente ero incazzata-issima, non per la demotion, una retrocessione che forse mi aspettavo e che, pur non essendo stata espressa apertamente, lo era di fatto, ma per il fatto che il giorno precedente ero stata per 2 ore li', nel suo ufficio, a lavorare, e avevamo avuto tanta interazione insieme, con lui e con lei, e avrebbe potuto parlarmi di persona, discuterne apertamente, come fanno in genere gli adulti, e invece, come un 15enne impaurito aveva deciso di mandarmi un email.
Ho subito creato la mia prima email di risposta, ma prima di mandargliela, l'ho inviata a mio marito, per sentire il suo parere. Mi ha risposto: non mandarla.
Ho aspettato un paio d'ore, così da raffreddare il cervello, e ne ho scritta un'altra, in cui gli ho detto che sarebbe stato più maturo parlarmi di persona, ma che capivo la sua scelta (la tipa non e' sposata e non ha figli, oltre ad avere un sacco di esperienza in più), e che ne approfittavo per licenziarmi perché comunque economicamente non ne valeva più la pena (alla fine, dopo le tasse, portavo a casa più o meno $5 all'ora… che e' quanto chiede mia figlia quando fa' da baby sitter!!).
Cosi' ho smesso di lavorare alla Co-op.

Capitemi bene: non mi ha fatto infuriare la sua scelta, ma il modo in cui me l'ha comunicata: sei il mio datore di lavoro, mi puoi rimproverare, puoi promuovermi o farmi retrocedere, questa e' la tua prerogativa, pero' sei anche mio amico, sei stato a cena, con la tua ragazza e senza, a casa nostra, e noi a casa tua,  avresti potuto agire come un amico, cioe' parlarmi di persona, da capo a impiegata, da adulto ad adulta.
E pur sapendo che la tua decisione di usare la posta elettronica mi avrebbe ferito, e avrebbe rovinato la nostra amicizia, lo hai fatto ugualmente.

Sono passati 2 mesi e sono riuscita finalmente ad analizzare a sangue freddo quello che e' successo, e in particolare, la mia reazione che potrebbe essere interpretata come eccessiva (mio marito mi sgrida perché dice che sono sempre alla ricerca del "dramma", ma non sono d'accordo) ed ho capito con una certa esattezza che il perché ho reagito con così tanta violenza mentale e' che mi sono trovata di fronte ad un'azione di cui forse mi aspettavo il contenuto, ma la cui esecuzione piuttosto vigliacca, quella si' e' stata inaspettata, almeno non me lo sarei aspettato da un amico. Ed e' stato quello che mi ha ferito.
Ed e' proprio questa, credo, la stessa motivazione che mi spinge a reagire "di pancia" in situazioni simili: perché per me essere amici implica fiducia, implica abbassare la guardia, il muro protettivo che mi circonda. Se siamo amici, allora io mi apro, mi fido, e tutte le mie vulnerabilità sono li', esposte… saro' forse una sempliciotta, pero' se siamo amici, tenere la guardia alzata non dovrebbe essere necessario, per un solo, unico motivo, e lasciatemelo dire in inglese perché in italiano non rende uguale:
cari amici,

a friend doesn't stab you in the back because a friend always has your back. Always.

Un amico ti copre le spalle sempre, non te le pugnala… un amico ti protegge, ti supporta e non agisce di proposito contro il tuo benessere, sempre… Si' e' vero, sono forse un'idealista in questo reparto, ma avere un legame di amicizia con una persona significa per me poter essere me stessa, poter gettare a terra la corazza di protezione perché con un amico e' inutile, sicura che un amico non approfitterà di questa vulnerabilità per avanzare i propri interessi (si dice così, o sto traducendo letteralmente dall'inglese? Abbiate pietà…)

Ho pensato poi alla persona che ho sempre considerato la mia Amica, con la "a" maiuscola, quella che conoscevo da più tempo: R. ed io eravamo bambine nello stesso palazzo, nella stessa scala, la mia prima barbie me l'aveva regalata lei, una di quelle che non piegano le gambe, perché lei ne aveva di nuove … nonostante le differenze personali, la nostra amicizia e' stranamente sopravvissuta, siamo rimaste vicine per tanti anni, lei e' stata testimone al mio matrimonio, e anche quando la distanza e' diventata difficile da superare, e invece di essere separate da un piano siamo state separate da un oceano, ogni volta che riuscivamo a parlarci/scriverci, a me sembrava che non avessimo mai lasciato il pianerottolo … per me era proprio una di quelle amicizie memorabili, quelle che diventano protagoniste di storie in libri e film. Non ho mai avuto un dubbio, se c'era una persona che ero sicura mi avrebbe coperto le spalle, era lei. E invece per motivi a me ancora sconosciuti, nel momento in cui avrei potuto certamente usare il suo supporto, il suo punto di vista, la sua difesa, lei ha scelto di schierarsi, con un gesto semplice ma chiaro, proprio con la persona che mi aveva appena fatto del male, mia sorella (a.k.a. L'Ingrata).

With friends like these, who needs an enemy?, dicono qui. Con amici cosi', chi ha bisogno di un nemico, no?

Nel corso degli anni ho vissuto altre esperienze simili, eppure ad ogni amicizia che inizia o si rinnova, io do ancora sempre l'anima, o quello che posso, ma soprattutto do il mio supporto.

Come ho scritto sopra capisco che ci sono necessita' diverse e diverse opinioni, mica ho detto che un amico non debba criticare le mie azioni o le mie idee, quando una critica nasce dal desiderio di confrontarsi e di capire, e persino di aiutare… se sbaglio, dimmelo, ma non pugnalarmi alle spalle.
Anni fa al mare ero andata in panico e stavo per annegare e mia sorella mi aveva dato un paio di sberle per farmi "svegliare" e utilizzare l'istinto di sopravvivenza. Azione giusta e giustificata che probabilmente mi ha salvato la vita (those were the days…).
Invece di una sberla per farmi riprendere e iniziare a nuotare, nel caso di R. e' come se mi avesse attaccato 30 chili di zavorra e tenuto la testa sott'acqua.
Sono convinta che per non so bene quale motivo, non le interessasse più continuare la nostra amicizia, e me lo ha dichiarato con la sua scelta di tradirmi e tradire la mia fiducia.

Ogni volta che mi e' successo che una persona di cui mi fidavo mi abbia piantato un coltello tra le scapole, inevitabilmente la prima cosa che ho pensato e' stata "Perché? Non eri mia amica, o mia sorella?" Non perché io sia santa monica, o madre teresa di calcutta, anzi!, ma perché credo ancora profondamente nella "santità" dell'amicizia. No, non sono un'amica perfetta: mi dimentico di chiamare quando devo, non sono sempre presente, lasciamo stare i compleanni… ad esempio, sono mesi che devo rispondere all'email della mia amica di liceo, e ora che ci penso, pure un altro paio di amici aspettano una mia risposta… no, faccio piuttosto pena come amica, o per lo meno, lo faccio a mio parere nelle cose meno importanti, quelle più superficiali. Pero' posso dire con certezza una cosa: faro' sempre del mio meglio per coprire le spalle dei miei amici, sempre. Se sei mio amico, puoi contare su di me. I've got your back, my friend.

Insomma, sono tornata ad essere una desperate housewife, una stay at home mom con mille progetti e 100mila scuse per non portarli a termine,  e ho bisogno di amici veri, in grado di accettare la responsabilità che un'amicizia vera comporta.

Non sono sicura se debba fare un colloquio a tutti quelli cui potrebbero essere interessati ad essere miei amici, oppure forse sarebbe più facile distribuire un modulo da far compilare.

L'importante e' che sia chiara una cosa, a questo punto: if you can't have my back, then don't apply for this position. 
Se non puoi coprirmi le spalle, non fare domanda per la questa posizione.


martedì 4 novembre 2014

Omofobia? No, grazie. (E no, Halloween non e' la festa di satana…)

Oggi e' il giorno delle lezioni, ma io ho votato due settimane fa, visto che in Arizona, e diversi altri stati, e' possibile farlo via posta in anticipo, o persino di persona, come Obama che ha votato nel suo seggio in Illinois il 20 ottobre.
Pragmatici o pigri? Non importa, la mia speranza e' che con queste votazioni cambi qualcosa al congresso, e siccome non abbiamo più CNN, che Dish Network ha litigato con Turner, che e' il provider appunto di CNN per chi ha il satellite, ho difficoltà ad avere notizie live dei risultati elettorali

La lettera contenente la scheda elettorale, il ballot
La scheda compilata


Il mio voto, e quello di mio marito, pronti a partire...

Quando vivevo in Italia, non esisteva niente di simile: il "libro" con descritti tutti i candidati, distretto per distretto,  e la descrizione di tutti i vari referendum, locali o statali. Molto utile!

Anyway, giovedi' scorso sono poi andata a pranzo con L., la mia (ex) amica, moglie del razzista, protagonista di questo post, dopo più di un mese di tira e molla, che hanno dimostrato ulteriormente la relazione tossica di sottomissione che ha con il marito: le dicevo "Facciamo domani? O dopodomani?" E lei sempre, no, non posso fare questa settimana perché devo preparagli il pranzo prima che va al lavoro, la prossima devo aspettare che rientri dal turno di notte per metterlo a letto… insomma, cazzo, tu hai 45 anni, lui ne ha 47, siete sposati da 10 anni, e' possibile che non sia in grado di farsi un panino o riscaldarsi una minestra,  togliersi la divisa, farsi una camomilla e rimboccarsi le coperta da solo? Ovviamente quando l'ho raccontato a mio marito, lui mi ha detto che e' un bel gesto da parte di una moglie, sottintendendo forse che io non li faccio… più (gli ho grugnito un vaffanculo senza problemi), ma io, se ci fosse di mezzo un'amicizia cui evidentemente tengo (e visto che e' stata lei a ricontattarmi, pensavo che lo fosse) e avessi voglia di trovarmi con questa persona, per una volta farei un'eccezione, o no?

Vabbe', scelgo il "ristorante", Chipotle, il cui menu e' provvidenziale per i vegani, e ci troviamo li' fuori alle 12 (io avevo proposto alle 11:30, perché alle 12 arrivano tutti i militari della base ed e' un casino, ma ovviamente mi aveva detto "Devo mettere R. a letto", manco avesse 3 anni…). Le offro il pranzo e di sediamo.

La mia testa era piena di pensieri, anche dei vostri suggerimenti, dei vostri commenti… chi diceva yea e chi diceva nay, vale la pena o no, e' giusto o meno… sinceramente io volevo davvero cercare di rammendare questa relazione, rattoppare questo strappo nel tessuto della nostra amicizia, che diversamente da altre mie relazioni con parenti/amici, terminate perché la fiducia su cui si basa normalmente un rapport era stata rovinata,  era invece stato causato da un disaccordo tra le mie convinzioni e quelle del marito. Certo anche questa e' una motivazione importante, ma volevo dare il beneficio del dubbio ad una persona che francamente non mi aveva fatto del male direttamente, presumevo solo per interposta persona che fosse un'ignorante razzista, ma non ne avevo conferma diretta.

Chi mi conosce sa che sono una che parla, sempre e tanto (con qualche eccezione ovviamente) e di tutto, quindi non ho avuto nessun problema ad iniziare una conversazione neutra su figli, vacanze, Legoland, ottovolanti, scuola, cibo… e durante il pranzo, che e' durato un bel 45 minuti, l'atmosfera tra noi sembrava distesa, quasi normale, così ho suggerito di andare a farci una tazza di te' da Starbucks, che qui da noi si trova all'interno dei 2 supermercati e di Target, anche per continuare a chiacchierare. Ma forse inconsciamente mi aspettavo che qualcosa sarebbe successo.

Questa volta e' lei ad offrirmi il te', ci sediamo un'altra volta… lei mi guarda e dice che le dispiace tanto per quello che e' successo con il marito, mi dice che e' impossibile avere una discussione con lui, che lui non sente ragione… io annuisco perché ha proprio ragione, poi mi dice che lei, ogni volta che lui comincia a parlare di politica, si chiude le orecchie tant'è che, quando le avevo detto nel mio email di come mi ero sentita offesa dalle parole razziste del marito, lei non se le ricorda perché non le aveva sentite. Non aveva sentito niente.
Urca, davvero? Ho pensato subito: o ha un dono incredibile di auto-isolamento di cui mi deve spiegare il segreto, oppure sento odore di bullshit, di stronzate perché se e' vero che capita anche a me, più spesso di quanto vorrei, di dimenticarmi di informazioni che mio marito mi butta addosso, specialmente se me le dice mentre sono presa e sto facendo qualcos'altro, se c'e' una discussione in atto, ed io sono seduta allo stesso tavolo, mi e' assolutamente impossibile non ascoltare quello che viene detto. Opure se proprio non voglio ascoltare, devo alzarmi ed andarmene.
Abbozzo un sorrisetto e le confermo che certo, suo marito e' molto testardo, ma che comunque pur rispettando in generale opinioni politiche diverse, non le rispetto quando diventa una scusa per glorificare razzismo e omofobia.

Vi giuro che non avevo nessuna intenzione di provocare o di ricominciare niente, volevo solo godermi un bicchiere di te' verde freddo alla pesca in pace con un'amica, ma lei mi dice:

"If we allow gays to get married, who can prevent people from marrying their dogs? Or their cats? Just look at the per store, look at the clothes people buy for their pets..." 
(Se consentiamo ai gay di sposarsi, chi puo fermare la gente che vuole sposarsi col suo cane? O gatto? Va a vedere nei negozi per animali, vai a vedere i vestiti che la gente compra per i propri animali domestici….)

Fate un momento di pausa, così da assorbire, come ho dovuto fare io, l'immensità iperbolica della mancanza di buon senso nascosta dietro queste parole. La profonda idiozia di tale "ragionamento"...

Vabbe', io comunque sono scema, avrei dovuto ancora una volta, guardare l'orologio, alzarmi e dire "OMYGOD e' tardi, devo andare a farmi pulire i canali auricolari perché continuo a sentire cose che non vorrei.." ed andarmene.
E invece non l'ho fatto e ho cercato invece di "ragionare" con un'idiota che, ora ne sono convinta, passa la giornata ad ascoltare gli idioti che conducono le trasmissioni e i notiziari di FOX News Channel (canale di notizie che funge da megafono per i Republicans e la destra conservatrice americana, in mano ovviamente alla cariatide internazionalmente conosciuta come Rupert Murdoch)…

Non ho potuto esimermi dal darle una piccola lezione di come usare quel poco di cervello che siamo capaci di utilizzare:
"Ok, anzitutto, la gente che spende montagne di soldi per comprare un tutù da $50 per Fifi' o il tapis-roulant fatto apposta per cani per Fido, lo fa' perché questi animali rappresentano o sostituiscono molto probabilmente dei figli che magari non hanno avuto o che sono cresciuti, certamente non perché li considerano dei trombamici a quattro zampe e debbano ricordarsi del loro anniversario! Comunque se questo e' un tuo timore vero, per rassicurare chi come te pensa che innamorarsi di una persona equivalga all'affetto che uno prova per il proprio pesce rosso, mettiamo nella legge una clausola: matrimonio tra persone dello stesso sesso OK, purché della stessa specie.  Andrebbe meglio così?"

"Well, they can call it a marriage, but it's not a real marriage anyway…" (Lo possono chiamare matrimonio, ma non e' un vero matrimonio comunque…)

"Vabbe' allora, stiamo facendo elucubrazioni semantiche: tu chiamalo quello che vuoi, chiamalo sedia o tavolo o "Homarriage"… in generale si usa la parola matrimonio perché tutti sanno di cosa si tratta, cioè la certificazione dell'intenzione e dell'impegno di voler passare la vita insieme alla persona che ami, chissenefrega del nome alla fine, no? purché questa unione sia ufficializzata e riconosciuta dalla legge, dal governo, purché vengano riconosciuti alle due persone che ne fanno parte gli stessi diritti di due persone di sesso diverso unite in matrimonio, come ad esempio il diritto alla pensione del proprio sposo/a, il diritto di visitarsi in ospedale, e il diritto (e qui sono stata cattiva, ma pure i buoni si rompono i coglioni, e io proprio buona non sono) di avere figli e crescere una famiglia, se così vogliono."

Silenzio.

Il mio te' a quel punto era pure pure finito.

"Ma guarda un po' che ora si e' fatta… ora devo proprio andare a fare un paio di spesucce… Ci sentiamo più avanti? Ti chiamo quando vado a correre al parco…." (Mica ho mentito perche' secondo voi, quand'e' che vado a correre al parco? wink link…)

Cosi' e' finita un'amicizia. Magari ci troveremo anche da qualche parte, ma il mio tempo e' molto limitato e la mia pazienza molto sottile, quando si tratta avere a che fare con ignoranti. E forse sono ignorante anche io perché davvero, certe idee non le tollero.

Ma a parte il discorso che riguarda l'impossibilita' di coltivare e mantenere un'amicizia degna di tal nome con una persona che ha idee sociali che sono diametralmente opposte alle mie, volevo sottolineare l'importanza per tutti di vagliare le fonti delle informazioni che si ricevono, specialmente negli ultimi anni, dove grazie a mezzi di comunicazione sociale come Facebook, Twitter, etc. veniamo bombardati da un numero fantasmagorico di cagate informazioni che vengono disseminate con lo scopo di impaurirci, di farci rimanere, proprio come i Croods, dentro alla nostra caverna, circondati dal falso senso di sicurezza che in realtà non fa' altro che impedirci di aprire la mente e il cuore, come ad esempio essere convinti che consentire anche alle persone gay di sposarsi rovini l'istituzione del matrimonio (come se già non fosse messa in ridicolo dal numero di divorzi), e che apra le porte alla possibilità che si possano sposare cani e gatti… ma SUL SERIO, tra di loro….

Questo fear-mongering, l'atto di suscitare deliberatamente nella gente paure e allarmi su un "problema" particolare, e' una tecnica che viene usata quotidianamente dalle varie religioni… e quale esempio più a proposito di Halloween e del terrore che in Italia vi e' stato trasmesso da personaggi ecclesiastici di poca intelligenza e ragione?
Ho visto che parroci, esorcisti (si' perche se c'e' qualcuno che proprio ispira fiducia e' uno che per lavoro caccia i demoni, eh?), monache e catechisti… tutte questa autorità della fede cattolica hanno deciso di spaventare i fedeli, o almeno quelli che hanno perso la capacita', o magari non l'hanno mai avuta, di usare il proprio cervello e fare domande di fronte a ciò che non capiscono e ragionare autonomamente, e garantirgli una visita di Satana nel caso avessero messo una zucchetta sul pianerottolo o dato una caramella ad un bambino che la chiedeva la notte del 31 ottobre.
Ormai non uso Facebook molto, se non con la pagina di questo blog (e se volete seguire i miei deliri con una frequenza più giornaliera, cliccate su "mi piace" a fianco e vi tedierò quotidianamente), ma il giorno prima di Halloween mi e' capitato di leggere su una bacheca di un amico un post sui pericoli di Halloween, pubblicato da un "famoso esorcista", tale Padre Amorth (che comunque cazzo, con un cognome così, solo l'esorcista poteva fare… o aprire delle pompe funebri…) che rifacendosi a questo post del blog di un altro oscurato Don (leggete questo post a vostro rischio e pericolo, e' qualcosa di paurosamente ignorante), ha causato in migliaia di italiani questo terrore di Halloween, perché…  Satana. Perché… gli scheletri e le bare.  Perché… i cartomanti e i lettori di tarocchi.

Se c'e' qualcuno dei miei lettori fedeli o novelli che fa' parte del gruppo di fondamentalisti religiosi … pazzi… ingenui che si e' fatto convincere che Halloween sia una celebrazione di Satana, allora vi invito qui per il prossimo 31 ottobre, perché davvero, non siete mai stati in America ad Halloween: non c'e' proprio niente di satanicamente celebratorio nel vedere bambini e adulti vestiti da principesse, Ninja Turtles, e altri personaggi (e includo anche diavoletti e angeli, scheletri e mostri) camminare per ore, spesso al freddo, per ricevere caramelle e dolciumi gratis. L'unica cosa diabolica in questa festa e' sapere che a casa loro in questo momento, tutti i dentisti stanno pianificando la prossima in crociera nei Caraibi. Con famiglia.

La famiglia di satanisti all'opera…..




Questo e' il nostro "cimitero" di Halloween… niente paura, sono amica di satana, ci troviamo a giocare ogni tanto a battaglia navale e Trivial Pursuit….


lunedì 20 ottobre 2014

Il Festival d'Autunno all' Amerind Museum

Metto da parte l'argomento razzismo, almeno temporaneamente. Ne riparlero' di sicuro, sappiatelo.

Intanto voglio condividere con voi un pomeriggio molto bello, quello di sabato appena trascorso, che quasi non succedeva.
Settimana scorsa le scuole d'obbligo erano chiuse per la pausa autunnale, così abbiamo cercato di fare qualcosa insieme alle ragazze, ma a parte un paio di giretti locali che includono shopping e cibo, le ragazze ormai sono un mattone, per farle venire con noi dobbiamo trascinarle, quindi spesso le lasciamo a casa per evitare lo sforzo. Violet invece e' sempre entusiasticamente pronta a tutte le "avventure" che proponiamo, e ce la godiamo sapendo che non durerà per sempre il fatto che voglia accompagnarci nelle nostre mini-avventure ed escursioni.

Avendo scoperto che sabato c'era il Festival d'Autunno all'Amerind Museum, a mezz'oretta da casa, avevo espresso il desiderio di andarci, desiderio che e' stato subito accompagnato dal solito sguardo che dice "devo venire anche io?" di mio marito. Si tratta di uno dei musei dedicati alla promozione e comprensione dei popoli nativi delle Americhe, attrazione che, in 7 anni che siamo qui, non avevamo mai visitato, quindi avevo deciso che questo festival era l'occasione giusta per farvi visita. Così con Violet pronta all'avventura, ci siamo andati, un po in ritardo visto che abbiamo dovuto aspettare che J tornasse dalla palestra. Il Festival iniziava alle 10, noi siamo arrivati alle 12:30, perdendoci l'invocazione Apache e un paio di altri musicisti… Ma poco importava, perché siamo stati compensati da un pomeriggio indimenticabile.

Anzitutto, la localita' e' incantevole:



In mezzo al Texas Canyon, caratterizzato da enormi massi depostati uno sopra l'altro come da un bambino gigante, circondati da una natura selvaggia e incantevole, esplorabile attraverso i numerosi sentieri,  sorgono i vari edifici che costituiscono il museo, costruiti tra gli anni '30 e gli anni '60.
Il museo contiene un'ottima collezione di artefatti nativi, scoperti durante scavi sponsorizzati dal museo (prima che diventasse museo) tra gli anni '30 e '80 in Arizona, New Mexico e Messico, ed altri donati da collezionisti.
Il museo organizza continuamente eventi, per me interessantissimi ed unici, come corsi di tessitura Navajo oppure di ceramica Apache, viaggi in zone archeologiche in Messico e Arizona, tutte attività cui adorerei partecipare… un giorno quando saro' ricca e libera di impegni famigliari.
Di sicuro so che dovremo tornarci per esplorare meglio il museo, perché sabato ci siamo ovviamente concentrati su quanto succedeva all'esterno.
Queste sono solo un paio di immagini dall'interno del museo:




Il festival consisteva in diversi banchetti di arti native, diversi di gioielli, alcuni a prezzi abbordabili (io mi sono comprata 2 paia di orecchini carinissimi dalla jewelry maker Priscilla Nieto che appartiene al Pueblo di Santo Domingo in New Mexico, vicino ad Albuquerque); molto bello e interessante il banco dell'artista Shelden Nunez-Velarde, un Apache Jicarilla (una tribù del nord New Mexico) che porta avanti l'arte della sua trisnonna, creando vasi a scopo utilitario e non, secondo l'arte della ceramica Apache, usando argilla ricca di mica, che spiega il nome di quest'arte Jicarilla Apache Micaceous Pottery

Shelden Nunez-Velarde mentre spiega il processo di creazione della ceramica, dalla raccolta dell'argilla micacea, alla creazione del pezzo,  fino alla cottura in fuochi enormi fatti all'esterno. Sul suo sito potete vedere diverse foto dell'intero processo.
Alcuni esempi di vasi di ceramica micacei, che hanno la caratteristica di essere shiny grazie alla mica, appunto. I vasi possono essere usati sui fornelli e al forno, e l'anno prossimo me ne compro uno.

Altri esempi di ceramica Apache (non micacea) e gioielli.



C'era il banchetto del Casino Hon-Dah, che distribuiva i soliti souvenir gratis, e che mi piacerebbe visitare, non per il gioco d'azzardo, ma per gli eventi che vengono organizzati…

Siamo in America, la gente qui magna sempre, quindi c'erano anche un paio di bancarelle che vendevano indian fry bread, la classica frittella indiana, solitamente cosparsa di zucchero a velo, oppure usata per fare gli indian tacos, ripieni di carne, fagioli, chili peppers e altre verdure. Inutile dirvi le dimensioni non solo delle persone in fila per comprare questo cibo, ma anche quelle dei nativi che lo vendevano… Ormai ci siamo abituati, qui in America, e le persone obese quasi non le notiamo più, ma voglio menzionare il fatto che 1 nativo su 5 soffre di diabete e che gli adolescenti nativi sono la categoria demografica che dimostra la crescita più grossa di diabete mellito. I nativi americani, come tante popolazioni indigene, ad esempio gli Hawaiiani, hanno messo da parte la loro tradizione culinaria ed assimilato quella americana moderna, basata sull'abuso di carne e formaggio, degli ultimi 30 anni. E' molto triste, e' certamente peggio di qualsiasi epidemia che esiste in questo momento.
Ma sara' anche questo argomento di un prossimo post, penso.

Per nostra fortuna, c'era anche un food truck dove abbiamo potuto prendere un paio di burritos fatti solo con una tortilla ripiena di fagioli, verza e pomodori crudi e salsa (quella messicana, non italiana!).

Il sole era abbagliante e faceva un caldo, vabbe' siamo in Arizona... ma tutto ciò non ha minimamente rovinato l'esperienza che stava per iniziare, quando la melodia incantatrice di un flauto indiano ha iniziato a trasportarci in un altro mondo, un mondo di comunione col pianeta, un mondo dove esiste la consapevolezza che tutto e' connesso con tutto.

Abbiamo così conosciuto Tony Duncan, un flautista nativo e campione (5 volte) di hoop dance, la danza dei cerchi, originariamente una danza dei nativi del Pueblo di Taos, New Mexico, ma che ora e' parte della tradizione di tutte le tribù native. Con Darrin Yazzie alla chitarra acustica (Navajo Dine' nato Chinle, AZ) e Jeremy "Dancing Bull" (dal Nord Dakota) alle percussioni, formano gli Estun-Bah, nome che significa, in Apache, "per la donna", riferimento al fatto che originariamente il flauto era usato per "catturare" l'attenzione della donna e dimostrarle, suonando la più bella canzone che riusciva, il rispetto che aveva per lei, e sono un gruppo piuttosto famoso tra chi ascolta questo tipo di musica (e dovremmo tutti!
Tony Duncan, specialmente, ha danzato alla Casa Bianca, al David Letterman Show e quest'estate con i fratelli, anche loro hoop dancers, ha partecipato al Festival "Spirito del Pianeta" che si tiene a Chiuduno in provincia di Bergamo, esperienza di cui ha brevente parlato durante l'esibizione sabato.
Tony e' meta' Apache della tribu di San Carlos in Arizona da parte del padre, e meta' Harikara/Hiadatsa/Mandan in North Dakota da parte materna (ci sono più di 500 tribù registrate negli US e altre 500 circa in Canada), e' nato e cresciuto in Arizona e il padre, che costruiva e suonava il flauto, gli ha insegnato a suonare quando aveva 10 anni. Musicalmente parlando, gli Apache sono gli unici ad usare flauti costruiti con canne di fiume (cane river flutes), mentre gli altri nativi usano flauti di legno, più durevoli ovviamente ma meno "dolci" e delicati come suono.
Gli Apache, diversamente da altre tribù che vivono in Arizona come i Tohono O'odham, hanno una tradizione nomadica e sono famosi per essere principalmente guerrieri, sempre pronti a saccheggiare altre tribù (non più ovviamente!), infatti Tony ci raccontava che suo padre, quando era triste o giù di morale, gli diceva "be Apache!" sii Apache! Cochise e Geronimo erano Apache, e la loro storia e' per sempre connessa con questa zona dove vivo, e i loro sforzi per cacciare i soldati e vari cercatori d'argento e di fortuna sono leggendari.

Questo e' un pezzo del primo brano, tradizionale, che ha suonato da solo:



Poi hanno iniziato a suonare insieme, chitarra, flauto e percussione.
Giuro che e' come se fossi stata colpita da un fulmine, e all'improvviso riuscissi a sentire la musica non solo con le orecchie, ma col cuore, anzi con tutte le cellule del corpo. Non so come spiegarlo, amo la musica, ne ascolto di tutti i tipi e apprezzo musiche di tanti stili diversi, ma questa musica mi ha "fatto vibrare", mi ha fatto sentire con tutto il corpo. Immagino che capiti a tutti, prima o poi. Per me e' stata la prima volta, la prima volta almeno in cui sono stata cosciente che stesse succedendo. Forse e' stato anche il trovarci proprio sul suolo "sacro" di altri popoli, e forse e' stato che ogni canzone era preceduta dalla spiegazione del suo significato, della sua storia, mai banale devo aggiungere, ma e' stata un'esperienza unicamente spirituale, dove ho provato un'unione tra corpo e spirito inaspettata e nuova.

Questo sotto e' il primo brano e include la musica e la prima hoop dance, danza dei cerchi.
Mi scuso anticipamente, per prima cosa perche' non vedevo un tubo per via del sole e con la mia macchinetta fotografica tremolavo come se avessi il Parkinson's, ma poi anche perché verso la fine non so come mi sia presa l'idea di girare la macchina fotografica, quindi spero non vi venga il torcicollo guardando questo video. Vale la pena comunque.



Qui potete ascoltare la canzone Singing Lights, ispirata dalla leggenda Apache di come sono state create le stelle. Durante i primi 5 minuti, potete far pratica del vostro inglese ascoltando la storia di come Tony e suo padre vanno alla ricerca delle migliori canne per costruire i flauti, e poi la leggenda stessa..

Questa sotto e' la danza Hunt of the Buffalo, fatta da un altro rappresentante dei Navajo, Brandon Sanchez del New Mexico


Brandon Sanchez, che indossa i regalia, l'abbigliamento tipico Navajo.

Un altro paio di canzoni che ho videato sono Spirit of Mother Earth e, sorpresa sorpresa, Violet, che Tony Duncan ha scritto dedicandola alla moglie,  anche lei Violet, seguita da un'altra Hoop Dance! Ovviamente, Violet era assolutamente estasiata dalla dedica!

Dopo una pausa per bere acqua a litrate e mangiare un altro burrito, siamo stati deliziati dalle favole native raccontate da Violet Duncan, la moglie appunto di Tony, il flautista. Violet e' della tribu Cree in Alberta, Canada, ed e' una raccontastorie bravissima e bellissima. Cosi' bella che qualche anno fa ha anche vinto Miss Indian Nation, l'equivalente di Miss Italia, solo che le partecipanti vengono "grigliate" da giudici che sono anche "elders", gli anziani di varie tribù e devono essere intelligenti oltre che "belle". Anche lei e' una danzatrice e hoop dancer, e la potete vedere, insieme al marito e al cognato nel video di Nelly Furtado "Big Hoops".

Le favole per i nativi sono lezioni di vita, e vengono modificate e modernizzate a seconda dell'audience. Uno dei protagonisti di tutte, o quasi, le favole native e' Trickster, spesso identificato con un coyote o un leprotto, oppure un procione in altre tribù, sempre pronto a fare qualche scherzo o imbroglio e sempre finendo nei pasticci.

Questo e' il video con la storia di come Trickster ha perso gli occhi, raccontata da Violet Duncan e qui potete ascoltarne la fine, perche' mi stava finendo la batteria ….



La mia Violet ascoltava rapita, e ora continua a chiederci quando "l'altra Violet" verra a raccontarci favole a casa nostra!

Violet Duncan, raccontastorie straordinaria

Le due Violet

Abbiamo ovviamente comprato un paio di cd's degli Estun-Bah (che potete anche trovare su iTunes o Amazon) e il libro scritto dalla principessa indiana (ormai la chiamiamo così…) intitolato When We Dance.
Siamo tutti e 3 così entusiasti che pensiamo di andare al Red Mountain Eagle Pow Wow, che si tiene l'1 e il 2 novembre a Scottsdale, ed e' uno dei migliori nel sud-ovest, con più di 400 danzatori dagli US e Canada.
Vi terro' aggiornati.


p.s. educativo: La parola APACHE e' pronunciata "APACI", non "apash" o "apasce", e NAVAJO si dice "NAVA-HO' " con l'accento sulla "o". Ci tengo ai miei lettori, non fatemi fare figuracce se doveste mai venire da queste parti…. (mi ricordo una coppia italiana anni e anni fa, quando eravamo in viaggio fuori San Francisco che ci disse "domani andiamo a visitare "IOSEMAIT"… Mio marito mi aveva guardato con uno sguardo allucinato… "Yosemite", gli avevo dovuto spiegare che cosa intendevano questi poverelli, perché si pronuncia "IOSEMITI", con accento sulla "e").                                                                                                          

lunedì 29 settembre 2014

Quando il razzismo ti aspetta dietro la porta accanto: The Sequel (ovvero vale la pena chiarirsi, sempre)

Vi ricordate della mia vicenda col marito razzista della mia amica?
Se non ve la ricordate, questo e' il post in cui descrivevo l'altamente sgradevole pomeriggio di più di 9 mesi fa, in cui il marito della mia amica L. si era rivelato una delle persone più ignoranti e razziste con cui abbia mai avuto a che fare personalmente, creando così una situazione difficile: preservare la mia dignità e quello in cui credo, e per evitare future conversazioni evitare lui e famiglia, quindi a tutti gli effetti tagliare non solo i miei ponti con la mia amica, ma anche quelli di Violet con la sua figlia, oppure continuare a frequentarli facendo finta di niente.

Ovviamente avevo scelto la prima opzione, ormai un ponte in più o uno in meno...

Ancora oggi, quando ripenso a quel pomeriggio, mi sconvolge non solo il pensiero che esistano persone di tale ignoranza (e che procreino!), ma anche il fatto di essermi comportata un po' da codarda, scegliendo la fuga invece del confronto (ho persino richiesto alla segretaria della scuola di mettere Violet in una classe diversa della figlia)… proprio io, che non sopporto le persone che agiscono e parlano alle spalle, mi sono trovata a fare la la stessa cosa.
Ma considerando che il marito e' armato e secondo me, leggermente instabile, ho preferito la dipartita silenziosa, piuttosto che rischiare di trovarmi nel mezzo di un'altra discussione inutile (never argue with stupid) e finire per fare quello che dentro di me avrei voluto davvero, e cioè dirgli esattamente quello che pensavo di lui. Difficile dire ad una persona che le sue idee ti fanno vomitare e sono la disgrazia dell'umanità, senza offenderla personalmente e magari scatenarne le ire.

Tutto procedeva tranquillamente secondo il mio piano vigliacco, finche' 2 settimane fa ricevo questa email:

Hi Monica,  It's L.  I don't know if this email is going to come out correctly.  
But I hope it does, because I miss you. If I have done anything to offend you, I truly did not mean to.  I didn't think we had parted badly when we had the political conversation with R., but it's the last time I saw you and I was hoping that wasn't the case.  But if you were offended or felt like we "ganged" up on you I apologize from the bottom of my heart.

I was hoping we would've gotten together sooner knowing that Violet and S. are in the same school.  And I was hoping that when we moved you would've said something to me.  But speaking to my sister and gripping that I miss you, she said well maybe you were waiting for me to tell you that we moved and that your feelings are hurt that I didn't tell you which furthered the feeling of you being offended.


Either way I don't like having this feeling of something bad between us.  Now if you feel we've grown apart, I understand and will be sorry we did.  But hope if we bump into each other I can still say "Hi." .

If you want you can text me or call me back.
- L.

Ciao Monica. Sono L. Non so se questa email uscira' correttamente. Ma lo spero, perche' mi manchi.
Se ho fatto qualcosa per offenderti, davvero non era la mia intenzione. Non pensavo ci fossimo salutate malamente quando avevamo fatto la conversazione politica con R. (il marito - n.d.M.), ma e' stata l'ultima volta che ti ho visto e speravo che questo non fosse il caso. Ma se ti sei offesa, o se ti sei sentita come se ci fossimo coalizzati contro di te, ti schiero scusa dal profondo del mio cuore. 
Speravo che ci saremmo potute trovare prima, sapendo che Violet e S. sono nella stessa scuola. e speravo che quando ci siamo trasferiti (hanno traslocato a giugno in un'altra casa nella zona - n.d.M.)tu mi avresti detto qualcosa. Ma parlando con mia sorella e colpita dal fatto che mi manchi, lei ha detto che forse tu ti aspettavi che ti avessi detto che c'eravamo trasferiti e che i tuoi sentimenti sono feriti perché non te l'ho detto, che a sua volta ha aumentato il tuo sentirti offesa.
In ogni caso non mi piace avere questa sensazione che ci sia qualcosa di brutto tra di noi. Ora se ti senti che ci siamo allontanate, capisco e mi dispiace che sia successo. Ma spero che se dovessimo incontrarci per caso, posso ancora dirti "Ciao".
Se vuoi puoi mandarmi un messaggio o chiamarmi.
L.                


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Bel messaggio, vero? Bello e accorato… tant'e' che io mi sono detta: e ora? Cosa rispondo? 
Di fronte ad una persona che si espone e che mi parla col cuore in mano, almeno in apparenza, devo rispondere onestamente, provare a spiegarle cosa ho provato e farlo cercando di non offendere le sue opinioni pur difendendo le mie; con tatto spiegarle la mia posizione, senza attaccare il marito e metterla sulla difensiva, ma anche senza compromettere quello in cui credo profondamente.

Non e' stato facile: avete presente camminare su un filo?

Ho cosi' iniziato a scrivere una risposta, cercando di esprimere quello che avevo provato e che provavo, e anche quello che volevo ho scritto e riscritto, tagliato e incollato, una fatica immane… 

Ho invitato anche Emily a leggere la bozza e dirmi cosa ne pensava (sia a lei che a Vivian conoscevano tutta la storia): in tutte le differenti versioni del mio messaggio, riuscivo a comunicare bene il mio pensiero, finche' non arrivavo alla chiusura, perché visto il suo approccio assolutamente nonconflittuale, non volevo finire questa lettera con una dichiarazione di guerra. Il mio intento iniziale, quello di proteggere me stessa e soprattutto proteggere Violet da ideologie razziste e bigotte, rimaneva forte ma mi sembrava giusto offrirle l'occasione di spiegarsi, visto che lei per prima l'aveva data a me.
Alla fine ho deciso che la cosa migliore era dare a lei l'opportunità di decidere cosa fare, come si dice qui "to put the ball in her court": in altre parole, questa e' la mia posizione, decidi tu.

Alla fine, dopo tanto editing, questa e' l'email che le ho inviato, a mio modesto parere quasi un capolavoro di "diplomazia intransigente":

Hi L.,
thank you so much for writing this. It has taken me some time to reply to your message, because while I need to explain what happened, I'm trying to do it with consideration to your opinions, as I truly valued your friendship and that of our girls.

First let me tell you that I have missed you as well but you are right: after the "conversation" we had a few months ago, which I wouldn't call "political" as I felt it was more like a weird quasi-apology of racism, I went home flabbergasted. I had never before being confronted by such prejudices from people I personally knew.

I'm going to be honest, I was really upset, I couldn't reconcile what I knew about you with all those awful ideas and stereotypes... no, I didn't really think that you guys "ganged up" on me, because you didn't say one word during the entire time R. and I were talking, so I was actually hoping that perhaps you were silently disagreeing with your husband, just like sometimes I do with mine.

Everybody has a right to their own opinions, I understand this and I respect it, but when these opinions are harmful to minorities, I find it really hard to ignore them and pretend all is normal. They become the elephant in the room. 

In hindsight, I made the mistake to take the bait and perhaps antagonize R., while I should have just grabbed any excuse, and leave as soon as the "all blacks have something wrong in their brain" idea was brought up. But I felt the need to somehow "defend" my black friends and all the people who do not have something wrong in their brain but just so happen to have a skin of a darker shade.

I understand we all have different (political) views, but in this case, it was beyond a political disagreement.
I truly believe that there are no racial hierarchies, that not one race is better than the other, and I don't believe for a second that there is something inherently or genetically flawed in any race, and that is what I want my kids to learn and live by. This is kind of one of my core beliefs, actually.

I would like to get together again, but I feel a bit uncomfortable, and especially I feel protective of Violet, in case any of those views are passed on to your kids: maybe you would feel the same if someone said to you that all South Americans and people of South American descent were inferior, or lazy or had something wrong in their genes.  
I'm not sure what to do.  
What do you suggest?


Monica



Ciao L., ti ringrazio tanto per avermi scritto. Mi ci e' voluto un po' di tempo per rispondere al tuo messaggio perché, mentre ho bisogno di spiegare cosa e' successo, sto cercando di farlo tenendo in considerazione le tue opinioni, visto che ho apprezzato la tua amicizia e quella delle nostre figlie.

Anzitutto lasciami dire che mi sei mancata anche tu ma hai ragione: dopo la "conversazione" che abbiamo avuto alcuni mesi fa, che non chiamerei "politica" , visto che mi e' sembrata più una semi-apologia del razzismo, sono tornata a casa a bocca aperta. Non mi era mai capitato prima di venire confrontata da tali pregiudizi da persone che conosco personalmente.

Devo essere onesta, ero davvero sconvolta, non riuscivo a riconciliare ciò che sapevo di te con tutte quelle terribili idee e stereotipi… no, non ho pensato che vi foste coalizzati contro di me, perché tu noi hai detto una parola durante tutto il tempo in cui R. ed io parlavamo, quindi io speravo che tu fossi silenziosamente in disaccordo con tuo marito, così come faccio talora io. 

Ognuno ha diritto alla propria opinione, lo capisco e lo rispetto, ma quando queste opinioni sono nocive alle minoranze, trovo molto difficile ignorarle e far finta che tutto sia normale. Diventano l'elefante in salotto.

In retrospettiva, ho commesso l'errore di abboccare e forse oppormi a R., mentre avrei dovuto trovare una scusa qualsiasi ed andarmene non appena l'idea che "tutti i neri hanno qualcosa di sbagliato nel cervello" e' stata introdotta. Ma ho provato il bisogno di "difendere" in qualche modo i miei amici "neri" e tutte le persone che per caso hanno la pelle di una gradazione più scura.
Capisco che abbiamo tutti diverse opinioni (politiche), ma in questo caso si tratta di qualcosa oltre al disaccordo politico.
Credo davvero che non esistano gerarchie razziali, che non esista una razza migliore di un'altra, e non credo per un istante che esista qualcosa di inerentemente o geneticamente difettato in nessuna razza, e questo e' quello che voglio che imparino i miei figli e che lo vivano. Questo e' tipo una delle mie convinzioni essenziali.
Mi piacerebbe che ci trovassimo ancora, ma mi sento un po' a disagio, e specialmente mi sento protettiva nei confronti di Violet, nel caso alcune di queste opinioni venissero passate alle tue figlie: forse anche tu proveresti le stesse cose se qualcuno ti dicesse che tutti i sud americani e i discendenti di sud americani sono inferiori, o pigri o hanno qualcosa di sbagliato nei loro geni. (il marito e' cileno n.d.M.)

Non sono sicura di cosa fare.
Tu cosa suggerisci?
Monica

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La sera seguente (sabato) mi e' arrivata la sua email di risposta:

Thank you so much for your insight Monica. I did keep myself out of the conversation on purpose.  1) because I don't like politics - I feel like I really never get the whole story about what the government is doing so I won't go out of my way to read what's going on like R. does. So when he starts talking politics I keep one ear open. 

But I thought maybe you thought I was in support of everything Rob was saying, I'm not but 2), I have mixed feelings about the other subject. 

Like you I don't think that any one race is superior to another and I surely am not teaching that to my children. And to be honest with you I don't even really remember that part of the conversation. I kinda tune-out R. when he gets to talking that way because, I've found, there is no true discussion with him. But I will say we as a society are doing something wrong when there is a majority of one race that is violent towards themselves and towards everyone else and they are making up the majority of our jail system and live off the government. 

I wish I knew how to help, but it doesn't seem like (them, as a majority) want help. That they don't want better lives for themselves other than selling drugs and being in gangs.  Now I know that sounds racist and it is. But at the same time I look at individuals and what's inside not the outside and I love it when I see someone succeed "against-all-odds". Maybe I'm not making sense. It be easier if I were talking with you. I hope we can get together sans R. and discuss whatever you'd like, You do know me, I am not a bigot.  I'm very open-minded to things and have an east spirit when it comes to other peoples opinions. I wish everyone could just get along!

I hope we can meet and have lunch together and just put this behind us and laugh at the absurdity that conversation was!!.   

Hope to hear from you soon.

L.

Ti ringrazio tanto per la tua perspicacia, Monica. Mi sono tenuta fuori dalla conversazione apposta per due motivi. 1) perché non mi piace la politica - mi sembra che non si riesca mai avere una storia completa di cosa stia facendo il governo, quindi non faccio uno sforzo extra per cercare di capire cosa stia succedendo, come fa' R. Così quando comincia a parlare di politica, ho solo un orecchio aperto. 2) Ho sentimenti contrastanti sull'altro argomento. Come te, non pensi che una razza sia superiore ad un'altra e sicuramente non insegno questo alle mie figlie. E ad essere onesta con te, non mi ricordo nemmeno quella parte della conversazione (perché evidentemente aveva solo un orecchio aperto  n.d.M.) In pratica smetto di ascoltare R. quando comincia a parlare in quel modo perché mi sono resa conto che non si può discutere con lui. Ma ti dirò che noi come società stiamo facendo qualcosa di sbagliato quando c'e' la maggioranza di una razza che e' violenta verso se stessa e verso tutti gli altri e che costituisce la maggioranza del nostro sistema carcerario e che vive di sussidi del governo. Vorrei sapere come aiutare, ma non sembra che loro, la maggioranza, voglia aiuto. Che non vogliano una vita migliore per se stessi a parte vendere droga e essere in una gang. Ora so che questo sembra razzista e lo e'. Ma nello stesso tempo guardo l'individuo  e cosa c'e' dentro e non fuori e amo quando vedo qualcuno che ce la fa' "contro ogni speranza". Forse quanto dico non ha senso. Sarebbe più facile se stessi parlando on te. Spero che ci possiamo trovare senza R. e discutere qualsiasi cosa tu voglia. Mi conosci, non sono una bigotta. Sono molto aperta ad altre idee e ho uno spirito serene quando si tratta delle opinioni di altre persone. Vorrei che tutti andassero d'accordo!
Spero che ci possiamo incontrare e pranzare insieme e semplicemente dimenticarci di questo e dire all'assurdità che e' stata quella conversazione.
Spero di sentirti presto.
L.



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Penso proprio di chiamarla più tardi e magari andare a pranzo insieme in settimana, visto che siamo entrambe "sfigliate" fino alle 14:30. 
Non so nemmeno se varrà la pena, ma forse cercherò di di darle un corso accelerato di storia coloniale, sia europea che americana, appellandomi alla sua umanità: non possiamo certo risolvere noi singolarmente l'immenso problema della violenza tra giovani afro-americani, ma non ci vuole un genio per realizzare che e' naive aspettarsi che un'intera etnia che e' stata per secoli sottoposta ad invasioni, rapimenti, torture, stupri, schiavitù e in generale, considerata inferiore e schiacciata da un'altra etnia, all'improvviso diventi fiduciosa e confidente nel governo fatto di persone che, per la maggioranza, appartengono proprio all'etnia che li aveva schiacciati… soprattutto quando le opportunità sono ancora minori, quando l'accesso all'educazione (istruzione) e' reso quasi impossible da una società che continua a valutare diverse gradazioni di colore della pelle in modo diverso. 
Basta pensare a quello che e' successo recentemente a Ferguson, dove un adolescente nero senza nessun'arma e con le mani alzate, e' stato assassinato da un poliziotto… certo non voglio fare la buonista, fare il poliziotto e' un mestiere difficile non c'e' dubbio, ma spiegatemi perché in Texas, ed altri stati, gruppi di bianchi possono andare in giro armati fino ai denti, per dimostrare il loro diritto di portare armi (pistole, fucili e armi automatiche), mentre un ragazzo di 18 anni disarmato viene falciato mentre ha le mani azate.

Al di la' del contesto storico e sociale che forse le manca, solo per il fatto che L. ha voluto cercare di capire e di chiarire, la sua amicizia vale la pensa di essere salvata, secondo me.
Perché di persone così nella mia vita, disposte a comunicare e dialogare e magari anche esporsi nella loro vulnerabilità e imperfezione, ne ho trovate pochissime.


Se vi interessa approfondire l'argomento (della violenza tra i giovani neri, americani e non), questo articolo spiega bene perché, nonostante il numero di atti violenti (rapina, omicidi, stupri, etc.) tra i giovani afro-americani sia sceso negli ultimi 25 anni, dietro le statistiche che mettono i neri sia in America che in altri paesi in testa alla classifica come esecutori di atti di violenza ci sono 5 motivazioni importanti. Penso sia un articolo che tutti dovrebbero leggere, perché la soluzione ad un problema di violenza, creato dalle violenze causate da una maggioranza che anche inconsciamente, si ritiene migliore, si può risolvere solo comprendendo la nostra responsabilità come membri della società per un passato violento, un passato di segregazione ed oppressione, ed eliminando i pregiudizi e gli ostacoli che chi vive in una pelle più scura vive quotidianamente, pregiudizi e ostacoli che noi, che siamo "più chiari" non sappiamo nemmeno che esistano.









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Sono passati 5 anni dal mio ultimo post. Settantadue mesi traboccanti di cambiamenti profondi, sociali e personali, cambiamenti cosi radical...