martedì 14 gennaio 2014

Analisi di un perdono pubblico, o quasi

Dopo mio padre, con cui ci scambiamo ogni tanto email dove traspare il mio furore quando si tocca l'argomento delle mie sorelle e dove lui mi suggerisce di perdonarle (pur se ogni tanto con scelta verbale dubbiosa, come questa, in cui sembrerebbe sottintendere che la situazione sia frutto della mia immaginazione "Spero tanto che tu che sei sempre stata generosa possa perdonarla se pensi che ti abbia fatto del male" … Say what???), anche il medico di mio marito e nostro amico, Dr. Milazzo (e' anche il mio medico, ma io lo vedo nel suo studio una volta all'anno per il solito controllo di routine), parlando con un gruppo di suoi pazienti ha raccomandato il perdono come parte integrante di uno stile di vita mirato a rimanere in salute. Secondo alcuni studi, ogni volta che riviviamo l'evento o la serie di eventi che ci hanno ferito, si scatena nel nostro corpo una tempesta di sostanze chimiche che, per dirla semplicemente, ci avvelenano. Non e' difficile da capire o accettare, e' in linea con l'idea che il corpo umano non e' una serie di compartimenti separati, ma un'entità unica dove il benessere fisico, quello mentale ed emotivo collaborano, o si intralciano, vicendevolmente
Parentesi, questo e' il medico che ha "salvato" J,  quindi seguo i suoi consigli medici con attenzione (infatti un anno fa ho smesso persino di bere caffè dopo aver assistito ad una sua lecture, e le palpitazioni che mi venivano ogni tanto sono sparite…), ed ho quindi cominciato a considerare l'idea del perdono con più interesse.

La saga delle cattiverie reciproche tra me e le mie sorelle, e ci aggiungiamo anche la mia amica d'infanzia, che consideravo una delle mie migliori amiche, e' raccontata su questo blog, e non e' una storia bella. E' la storia che dettaglia la facilita' con cui le persone cui dovresti essere più legata, proprio loro che dovrebbero difenderti e proteggerti ferocemente dagli attacchi esterni, diventano (quasi sempre per loro scelta, quasi mai per errore) le persone che riescono a ferirti più profondamente, perché con loro abbassi la guardia e sei vulnerabile, perché da loro non ti aspetti le coltellate…  E quando una sorella o un genitore ti offende o ti fa' male, e' un po' come spargere sale su quella una ferita: perché oltre alla cattiveria stessa, la loro posizione di vantaggio nel tuo cuore diventa un gran bel dito medio alzato virtualmente nei tuoi confronti, un gran "fuck you" mentale lanciato nella tua direzione.
E' un bruttissimo modo per scoprire che una relazione che pensavi trascendesse differenze geografiche o sociali perché cementata dalla condivisione del passato e nutrita dal mutuo rispetto, in realtà per l'altra persona vale quanto una cicca sputata, così quanto i tuoi sentimenti.

Non vi ri-racconto i dettagli, se vi interessa, cliccate sulle varie etichette, come sissy, f.u., another rant, delusione, etc., troverete articoli diversi, tra cui questo con cui ho iniziato a dare voce alla mia rabbia e questo che rivela l'evoluzione più recente della telenovela.

Devo essere sincera, non avevo nessun interesse di perdonare queste persone, e se non fosse stata l'idea che avrebbe giovato alla mia salute, sarei rimasta felicemente a rodermi e ad aspettare che la livella karmica facesse il suo lavoro…
Inoltre, esisteva un freno mentale che si innescava automaticamente ogni volta che contemplavo anche solo la parola "perdono" in riferimento a queste persone. Solo dopo aver letto diversi articoli ed opinioni di esperti e meno esperti in materia, ho capito che le radici della mia titubanza a perdonare le mie sorelle erano frutto di tanti malintesi, e una volta che ho capito veramente cosa e' e cosa non e' il perdono, sono riuscita ad iniziare questo processo, che ora voglio condividere perché magari potrà essere di aiuto o di ispirazione a chi, come me, ha sempre frainteso cosa sia e come funzioni l'atto del perdono.

Anzitutto, e qui sentitemi bene, il perdono non e' riconciliazione.
Magari per voi e' old news,  ma per me questa e' stata una rivelazione… eureka, mi son detta, ce la posso fare!  Il grande malinteso nasce dal fatto che la cultura cristiano-cattolica ha sempre utilizzato i due termini in modo intercambiabile, ma perdono e riconciliazione sono due atti diversi, seppur in qualche modo legati: se da una parte riconciliarsi con una persona richiede sempre il perdono, si può benissimo perdonare una persona senza necessariamente doversi riconciliare ad essa! Il perdono e' un atto unilaterale, necessita la presenza di una persona soltanto, quella che perdona (infatti e' possibile perdonare chi non c'e' più fisicamente) e anzi, una delle condizioni affinche' il perdono possa avvenire in modo efficace e' quella di cercare di essere il più possibile sicuri, creando magari una "zona cuscinetto", che le persone che ti hanno fatto del male non abbiano l'opportunità di farlo ancora; per me, visto comunque che esiste già la separazione fisica, significa che tagliare i contatti con queste persone e' importante e vitale per la mia incolumità emotiva e mentale, e perché riesca a perdonarle. Il non essere costretta per qualsiasi ragione, religiosa o meno, a dover mantenere un rapporto con persone di cui non mi fido più, che hanno chiaramente dimostrato di non avere assolutamente a cuore il mio interesse, ne' quello della mia famiglia (ricordatevi le minacce di morte…), rende il perdono fattibile. E mi rende la sola responsabile del mio benessere.

Perdonare non e' dimenticare.
Forgive and forget, e' una frase che si sente in continuazione qui, perdona e dimentica, come se non fosse successo niente. Si cancella tutto e tutto torna come prima. "E' acqua sotto i ponti", come odio questa espressione!…  Equiparare il perdonare con il dimenticare deve essere un altro malinteso di origine cristiana,  una sorta di "porgi l'altra guancia" automatico fatto con l'intenzione di guadagnarsi il paradiso.
Sono cresciuta in un ambiente dove il "far finta che" era un po' la legge non scritta con cui si viveva, dove il "quieto vivere" era la regola di vita più importante. Regola con cui mi sono adattata a vivere malissimo, soffrendo e scalpitando, e che ancora adesso a pensarci mi fa' venire i brividi.
Perdonare non e' assolutamente dimenticarsi dei torti subiti e di chi ce li ha fatti, ma e' imparare a ricordarli tutti senza provare rancore o voglia di vendicarsi. La chiave per riuscire a farlo e' mantenere una visione chiara di quello che e' successo, evitando di minimizzarlo o negarlo; cercare di capire le motivazioni di chi ci ha offeso/fatto del male anche se sono motivazioni che non hanno nessun senso per noi, e riconoscere ed accettare i propri sentimenti così da potersi poi concentrare sull'atto del perdono.
Nel mio caso, penso che le motivazioni che hanno spinto queste persone a comportarsi così siano principalmente due, egoismo e invidia. L'invidia e l'egoismo dell'individualista che vive secondo il precetto "mors tua, vita mea": buttarmi merda addosso e creare una situazione dove non avevo altra scelta se non quella di incazzarmi come una biscia e reagire in modo "adeguatamente incazzoso" (perché altrimenti mia sorella L'Ex-Medico avrebbe iniziato le sue rivelazioni con la frase "Ti dico una cosa, non arrabbiarti", se non perché, non solo sapeva benissimo che mi sarei incazzata, ma che fosse stata lei nei miei panni si sarebbe incazzata da bestia pure lei?)  ha spostato l'attenzione da "Moky-positiva" che ce la fa' nonostante tutto a "Moky-negativa", quella che e'….. (e qui potete aggiungere quello che volete, meschina, esagerata, etc.)

Vi faccio un esempio: supponiamo che un gruppetto di persone svariato, causa naufragio si ritrovi su un'isola. Tra queste persone ci sono io, un figaccione a caso, chiamiamolo Colin Firth, e un'altra donna, una tipa carina, giovane e simpatica. Tutte e due lo vogliamo come nostro compagno di amaca, ovviamente, e sembra che Colin Firth sia orientato più verso l'altra tipa, principalmente perché a me puzzano le ascelle da schifo. Io allora, invece di andarmele a lavare, prendo della cacca di scimpanzé  e la spalmo addosso all'altra tipa, dicendole "non ti arrabbiare" e lei, che originariamente profumava pure come una rosa, si trova ora a puzzare di merda che nemmeno un cane le si avvicinerebbe. A questo punto Colin, dovendo scegliere tra le due amache, sceglie la mia e le mie ascelle odorose, mentre la tipa, oltre a puzzare di cacca di primate e, per ovvi motivi, trovandosi incazzatissima a fare delle scenate,  si trova da sola, e si becca pure dell'esagerata dagli altri naufraghi. Mi sembra un racconto calzante e molto triste, e penso che qualcuno dovrebbe scriverci una scenografia originale.

Ecco, io non voglio dimenticare chi mi ha deliberatamente buttato merda addosso, non posso dimenticare, ne' cancellare, ne' far finta che non sia mai successo. L'unica cosa che semmai posso cambiare e' il modo in cui reagisco ricordando quello che e' successo. E questo e' perdonare.

Chi perdona non ha bisogno che la persona che ha "sbagliato" chieda scusa.
E questo si ricollega a quello che dicevo prima: il perdono e' un processo che ha un solo protagonista, il "perdonatore". E nel mio caso, se dovessi aspettare le scuse…

Perdonare non e' giustificare le azioni cattive o esonerare chi le ha compiute.
Certo, il perdono non ha nessun peso "legale" ma non significa che chi ha compiuto un'ingiustizia nei tuoi confronti sia scagionato. Un'ingiustizia o un torto rimangono tali anche dopo il perdono, ecco perché e' importante che chi perdona si ponga in una posizione di difesa e di auto-protezione, perché spesso chi viene perdonato presume che, siccome e' stato perdonato una volta, succederà ancora.
Chi perdona non e' un debole, non e' uno zerbino: perdonare richiede un coraggio e una forza personali considerevoli, perché quando perdoni cambi ruolo: scendi dal "piedistallo" che essere vittima ti aveva concesso, perdi il ruolo dominante e ti rimetti in gioco in modo paritario.

Mi ci sono voluti 47 anni, ma finalmente penso di aver capito come perdonare effettivamente. Poteva andarmi peggio…

Forse questo e' il lato positivo di tutta questa situazione: l'essermi imbarcata in questo viaggio alla scoperta di cosa significa esattamente perdonare e ora,  dopo diversi anni di rabbia, tristezza e frustrazione verso queste 3 persone in particolare, dopo innumerevoli racconti in cui, immagino, ho rotto i timpani di chi e' stato amico abbastanza per ascoltare le mie menate, spesso più di una volta, e dopo aver riconosciuto che comunque il potere di chiudere positivamente questa storia rimane nelle mie mani, ho deciso di perdonare le mie sorelle e la mia amica (o meglio, ex-amica) per le slealtà e gli sgarbi che hanno compiuto nei miei confronti. Per loro magari sono state cosucce da poco, ma e' necessario ricordarsi che, come dice il proverbio a single grain of sand can tip the scale, un singolo granello di sabbia può rovesciare la bilancia: non e' stato un singolo atto a far precipitare gli eventi, ma una serie di azioni fatte senza nessuna considerazione per i miei sentimenti, anno dopo anno….

Credo anzi, so di essere una persona migliore di loro, fosse anche solo (ma non lo e') per questa mia scelta di trasformare una storia brutta e negativa in qualcosa di positivo.
Le perdono e, confermando l'etimologia della parola, faccio a me e a loro questo regalo: mi avete fatto del male ma rinasco più forte e più serena adesso, qui, nel momento in cui rilascio la rabbia e il dolore che mio avete causato, una volta per tutte.
Non mi interessa ne' ho alcuna intenzione di reinstaurare una relazione con nessuna di voi, e' meglio per me che non ci siano contatti, al di la' di quelli che, essendo in qualche modo imparentate, saremo costrette ad avere.

Vi perdono ma non voglio più avervi nella mia vita, non mi interessate voi ne' il vostro mondo. Mi avete deluso e così chiudo la porta con voi, anche se non a chiave, perché magari un giorno cambio idea chissà, sono una persona aperta…

Vi auguro una vita felice, e soprattutto vi auguro che ne' voi ne' nessuna delle persone che amate si trovi mai nella posizione in cui avete sbattuto me.
Ma sono onesta: se dovesse capitarvi, io saro' qui nel mio angolo di mondo, ad annuire dicendo "Karma's bitch!"

14 commenti:

  1. che dire... ti ammiro!
    e grazie per questo tuo post!
    sei uno dei miei personali punti di riferimento, una di quelle persone che mi fanno meditare....

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    1. Grazie Marica. Mi fai un grande compliemnto e lo ricevo con onore!

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  2. Così si fa. Per la tua salute. Brava. :-*

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    1. Certo non per guadagnarmi il paradiso… ormai quella nave e' salpata da tempo… :)

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  3. La tua analisi sul perdono è lucidissima e corretta. Pur essendo cattolica praticante, che vive in Italia, sono arrivata alle tue stesse conclusioni: Il perdono può essere unilaterale, e uno trae tutti i benefici dell'aver perdonato. Per la riconcilazione occorre per forza essere almeno in due, se uno vuole e l'altro no, o dice di sì e continua a fare del male è meglio fermarsi al perdono.
    Che mi sembra già una bella gran cosa. Buona vita a te e alla tua bella famiglia.

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    1. Grazie Vita. Non sono responsabile delle scelte altrui, solo delle mie. Il perdono unilaterale fatto per motivi egoistici se vogliamo mi ha liberato e soddisfatto. Gli altri faranno quello che vogliono fare.
      Ricambio!

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  4. Brava Moky! è per la tua salute. e brava per non aver chiuso la porta a chiave...chissà magari un giorno. Ti ammiro.

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    1. Non ammirarmi, SIlvia. E' stato un processo lungo e faticoso e assolutamente egoistico. Sinceramente in questo momento non mi interessa aprire la porta. Magari tra vent'anni… :)

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  5. L'ho letto, ma lo metto da parte per rileggerlo e meditarci.

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  6. questo post mi trova nel momento in cui vorrei fanculizzare e chiudere a chiave una porticina, cavolo!

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    1. Ti capisco e ti dico che quella di perdonare qualcuno non e' una decisione facile. Tutti che ti fanno sentire i complessi di colpa se non lo fai, ma spesso prima di arrivare al perdono necessita una lunga fase di fanculizzazione. Come in questo caso per me. A chiave o meno, non importa, ma per me e' meglio se la porta si chiude con certe persone...

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  7. Molto bello questo post. È una pagina di quelle che ti fanno riflettere per una vita, che si rileggono tante volte. La metto da parte e la rileggerò spesso.

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